Il LARA MODERNO

 

 

ALFABETO

 

L’alfabeto Lara è composto da 27 lettere latine riportate nel modo in cui vanno trascritte e assieme alla loro pronuncia:

 

a = a (come in “faro”)                    o = ó (“ “ “bolla”)

b = b (“ “ “ballo”)                   ò = ò (“ “ “colla”)

č (o ch) = c(i) (“ “ “cena”)              p = p (“ “ “palla”)

k = c(h) (“ “ “casa”)                        q = qu (“ “ “questo”)

d = d (“ “ “duna”)                  r = r (“ “ “ratto”)

e = é (“ “ “legno”)                  s = s (“ “ “sala”)

è = è (“ “ “gelo”)                    š (o sh) = sc(i) (“ “ “scelta”)

f = f (“ “ “foglia”)                    t = t (“ “ “terra”)

j = g francese (“ “ “jour”)                u = u (“ “ “luna”)

g = g(h) (“ “ “gara”)                        v = v (“ “ “villa”)

h = h aspirata (“ “ “hockey”)          x = x (“ “ “xenofilo”)

i = i (“ “ “rima”)                      y = i breve (“ “ “fiato”)

l = l (“ “ “lingua”)                   w = u breve (“ “ “scuola)

m = m (“ “ “madre”)                       z = z (“ “ “zero)

n = n (“ “ “nave”)

                                   

 

“Y” + “i” (yi) si pronuncia “yə” quando segue una consonante (la ə è una “schwa”, ovvero una vocale neutra, per la cui pronuncia si può fare riferimento alla “e” del dialetto napoletano, ad es. nella parola Napule, pronuncia: Napulə); es.: bilyi (recente) si pronuncia bilyə; mentre eyi (distratto) si pronuncia com’è scritto.

 

ACCENTO

 

L’accento, tranne quando trascritto, cade sempre sulla penultima sillaba, ricordando che mentre può cadere sulla “u” o “i” non può mai cadere sulla “y” o sulla “w” (vocali brevi).

 

 

PAROLE

 

Le parole sono sempre semplici, nella lingua Lara, e brevi; infatti la maggior parte di esse è composta da 2 sillabe.

 

IL SOSTANTIVO

 

Il sostantivo termina sempre in –a.

I nomi propri possono essere tradotti in Lara tenendo presente che devono terminare sempre in –us per il genere maschile, –on per il genere femminile e –an per nomi “neutri”, quali nomi di città, luoghi, ecc. Es.: Sara = Saron; Paolo = Pawlus; Roma = Roman.

 

IL PLURALE

 

Il sostantivo termina sempre in –u.

Es: mega = casa, diventa megu = case.

 

L’INTORNO

 

L’intorno dei sostantivi è costituito dagli altri elementi del linguaggio: aggettivi, avverbi. Le parole che rientrano nel concetto di intorno (aggettivi, avverbi e tutti i vocaboli che non siano sostantivi o verbi) hanno la medesima radice del sostantivo, ma terminano sempre in –i.

L’aggettivo precede sempre il sostantivo (es.: mami mega = una casa grande), e resta sempre al singolare, anche quando il sostantivo è al plurale (es.: mami megu = delle case grandi).

 

L’ARTICOLO E IL “FEMMINILE”

 

L’articolo in Lara non esiste.

Qualora sia necessario specificare il genere femminile si antepone va- (essa, lei) alla parola; es: hada = servo diventa va-hada = serva.

 

ACCRESCITIVO E DIMINUTIVO

 

Per formare il diminutivo, a fine sostantivo si aggiunge il suffisso –la (es: kira = mano diventa kirala = manina; attenzione all’accento, si legge kiràla), mentre a fine aggettivo si aggiunge –li (es: grumi = vecchio diventa grumili = vecchietto; leggi: grumìli).

L’accrescitivo si costruisce aggiungendo il suffisso –ma al sostantivo e –mi all’aggettivo.

 

VOCABOLI COSTRUIBILI

 

Per concludere il capitolo sulle Parole si noterà che a volte nel vocabolario Lara possono mancare aggettivi, verbi, ecc. corrispondenti a certi sostantivi. Molto spesso basta semplicemente aggiungere i giusti suffissi alla radice per ottenerli.

Mancano poi sicuramente molti  sostantivi “costruibili”, come quelli di “mestiere” e quelli di “provenienza o destinazione”.

Con i primi definiamo colui che (e in Lara chi, colui che si dice ka) fa, svolge quell’azione indicata dalla radice. Un es. può essere il seguente: per definire il termine corniciaio (non presente nel vocabolario) basta prendere il sostantivo o verbo corrispondente, es. cornice = liba e aggiungere la parola ka (= colui che) per ottenere libaka ovvero corniciaio.

I sostantivi di provenienza/destinazione definiscono, invece, il luogo fisico o inteso come concetto astratto dove si svolge l’azione o dove sono raccolti, vivono, ecc. oggetti, persone, ecc definiti dalla radice. Si costruiscono mediante il suffisso -pa (da upa = luogo) aggiunto al termine del vocabolo d’interesse (es.: matra = studio, diventa matrapa = università). Qualora si voglia creare un nuovo sostantivo di mestiere o provenienza/destinazione bisogna sempre controllare che il vocabolo non sia già presente nel vocabolario o che non si stia costruendo un vocabolo ch e possa confondersi con un altro già esistente, di altro significato.

 

***

 

DIREZIONI

 

Le direzioni (cosiddette separate) corrispondono fondamentalmente alle nostre preposizioni e preposizioni avverbiali. Sono facilmente riconoscibili e memorizzabili in quanto terminano tutte in -o e sono tutti monosillabi. Le principali direzioni sono 16, riportate di seguito:

 

 

o (accento)* = di ko = su, sopra         go** = come, in che modo       šo = a causa di

                          

to = a, verso                lo = per(spazio), lungo, nel corso di..  fo = davanti(a)       do = nel centro di, in mezzo a

 

no = da (da quando)    vo = per, al fine di            bo = dietro (a)        čo = secondo, a seconda di

 

ro = in                                   yo = tra, fra                      smo = attraverso (spazio)

 

so*** = con                   po = giù, sotto                zo = mediante, per mezzo di

 

 

Le direzioni in genere seguono e sono legate al termine (sostantivo, aggettivo, verbo o pronome): le barche sul mare si traduce con sufu talako (tala = mare + ko = su, sopra) = barche mare–su, sopra; e, un es. al plurale: i cortili dietro alle case si traduce con svaru megubo.

Quando il sostantivo è accompagnato da un aggettivo, la direzione si lega solamente al sostantivo; es.: sufu gili (= verde) talako (le barche sul mare verde). Come già descritto nel paragrafo dell’Intorno, qualora il sostantivo sia al plurale, l’aggettivo che lo accompagna resta al singolare, quindi se una direzione è legata a questo sostantivo la traduzione, in alcuni es., sarà la seguente: pipu sumi felulo (ragazzi per le strade gioiose), hama lui ravù (la scoperta di nuovi mondi).

 

N.B.: *o è sempre omesso (tranne in casi eccezionali) e sostituito con un semplice accento sull’ultima sillaba del vocabolo sia al singolare che al plurale; esempi: la frase le mura di casa che legando il suffisso diventerebbe tonku megao, più semplicemente si traduce con tonku megà. Al plurale: le mura delle case si traduce con tonku megù.

In caso di vocabolo monosillabo: nella lingua parlata l’accento può essere colto e rilevato solamente dal contesto della frase, giacchè non è “percepibile” quando il vocabolo viene espresso in modo isolato; ad es.: la pronuncia di knà (del pane) non differisce dalla pronuncia di kna (pane); nel contesto di una frase, invece, facendo attenzione ad utilizzare la corretta accentazione, la differenza è evidente; es.: sa bra knà (questa è la mollica del pane) si pronuncia “sabraknà”, mentre la frase sa bra kna (questa è mollica pane..frase non-sense!) andrebbe pronunciata sàbrakna”. Altri esempi: il sapore del cibo si traduce con yuma krà (pronuncia: “yumakrà” e non “yùmakra” = yuma kra, che si tradurrebbe con il sapore è cibo). Lo stesso esempio al plurale: il sapore dei cibi si traduce con yuma krù.

 

**la direzione go quando significa “in che modo” non va legata al termine; es.: go yu nyer sni fela? (come -in che modo- troverete la strada giusta?).

 

***la negazione, “senza”, diventa miso; nel contesto di una frase tuttavia la costruzione segue la regola vista sopra, legando la direzione quindi a fine vocabolo; es.: una voce senza anima si traduce qa mi hiaso (voce non anima-con).

 

PERSONE

 

Le direzioni si legano ai pronomi personali allo stesso modo di sostantivi, aggettivi o verbi, come visto nel capitolo precedente. Per comodità riportiamo una tabella che elenca i “casi” per i singoli pronomi legati alle direzioni: di appartenenza (che corrisponde al caso genitivo), di donazione (caso dativo) e di oggetto (caso accusativo):

 

PERSONE

APPARTENENZA

DONAZIONE

OGGETTO

a (n)  io

  mio

mavo  mi (a me)

ma mi (me)

ya  tu

  tuo

navo  ti (a te)

na ti (te)

la  egli

  suo

davo  gli

da lui (lo)

va  essa

  suo (lei)

vavo  le

va lei (la)

ga 

suo (proprio)

gavo  si (a sé)

ga

u (n)  noi

  nostro

  muvo  ci (a noi)

  mu ci (noi)

yu  voi

vostro

nuvo  vi (a voi)

nu vi (voi)

lu  essi

   loro

duvo  a loro

du loro

vu esse

   “ (di esse)

vuvo  “(esse)

vu loro (esse)

 

La direzione d’appartenenza segue il vocabolo a cui si riferisce; es.: a ne mega (io vedo la tua casa), pronuncia: “anémeganà”.

 

Esempi di legami con altre direzioni: a,verso di te = nato (da na= ti, te + to= verso, a; altri esempi: duzo (per mezzo di loro), vano (da lei), muyo (fra di noi), dafo (davanti a lui), našo (a causa tua), dudo (in mezzo a loro), ecc.

 

Nella costruzione complessa in cui un vocabolo è retto da una direzione e a sua volta legato a una persona declinata in direzione d’appartenenza, basta ricordare che la persona in direzione d’appartenenza segue il vocabolo.

Es.: il figlio del tuo vicino = ipa nenkà nù; il colore dei loro occhi = rula neù dù; lui con l’automobile di sua moglie = la plataso vilvà gà; il cappello sulla mia testa = poka kopako mà.

 

 

 

“KA”, “KI”, “TA”, “SA”, “KIA”

 

KA significa “chi, colui che”, come sostantivo o congiunzione, riferito a persone.

Es.: ka le nai… = chi va lontano…; a mi nen ka beten vata = non ho visto chi/colui che ha aperto la finestra.

 

KI è un aggettivo e significa “che?, quale?” (es.: ya lipen ki pida? = quale/che numero hai scelto?) riferito a cose, animali, luoghi, ecc. La congiunzione (il nostro “che”) riferita a cose, animali, luoghi, ecc viene per lo più omessa, ma qualora sia necessario trascriverla va utilizzato TA (quello) o SA (questo) o LA/VA (egli/essa) a seconda del contesto.

Es. dove la congiunzione viene omessa: la klapen koka ya bari kade = ha preso la tazza (che/quella che) tu utilizzi sempre. Es. dove la congiunzione va trascritta: a ge friva ta tonkako (voglio il quadro che è sulla parete); se fosse omesso a ge friva tonkako si tradurrebbe con voglio il quadro sulla parete, frase ambigua che in Lara può tradursi anche come voglio che il quadro sia sulla parete (vedi più avanti il capitolo sul verbo ESSERE).

 

KIA significa “ciò che, che cosa(?)”.

Es.: ya tie pe kia? = che cosa pensi di fare?

 

Come per le persone, ka, ta, sa, la/va e kia vanno legati alle eventuali preposizioni o direzioni; es.: kato (verso colui che, chi), saso (con questo o con cui...), kiako (su cosa, su che cosa, su ciò che).

   Quando ka e ta, sa, la/va sono leganti (congiunzioni) e seguono la stessa direzione del vocabolo legato, i due termini non vanno detti o scritti (es.: ta ya ge = quello che tu vuoi e non ta ta ya ge).

   Quando invece non seguono la stessa direzione, allora ka, ta, sa, la/va vanno detti o scritti. Esempi: tara yu ne zaki kuvu (il mostro del quale vedete i denti taglienti), opp. neu iyù kavo yu same (gli occhi dei bambini per i quali vivete), ecc.

   I termini “questo” (sa) e “quello” (ta) vanno tradotti in maniera diversa a seconda che abbiano funzione di sostantivo o di aggettivo. Nel primo caso si traducono rispettivamente con sa e ta (-a proprio dei sostantivi) mentre nel secondo caso con si e ti (-i, proprio degli aggettivi). In forma di aggettivo sono posposti al vocabolo, a differenza di tutti gli altri aggettivi e similmente, invece, ai pronomi personali! Es.: a klape glepa si = io prendo questo (agg.) bicchiere o anche a klape glepa si = io prendo questo tuo bicchiere; a klape sa = io prendo questo (sost.); opp.: ta u ne = quello (sost.) che noi vediamo.

Quando sono sostantivi vanno legati alla eventuale preposizione/direzione nella frase; es: taso (con quello), savo (per questo).

Nel caso siano in forma di aggettivo la costruzione sarà esattamente come visto sopra per le costruzioni complesse, ricordando che l’aggettivo resta sempre al singolare quando legato a un sostantivo plurale; es.: goi fiva krà si = il buon (letteralm. “bene”) odore di questo cibo; sa meki dyu wai svoluso ti = queste sono strane persone con quei lunghi mantelli.

 

 
COMPARAZIONI

 

Le comparazioni sono divise in 2 gruppi: minori/maggiori e minime/massime.

 

Minori/Maggiori

Equivalgono alla frase del genere: (essere) più opp. meno (...) di (...). Si costruiscono alla stessa maniera dell’italiano e i vocaboli usati sono: ui (meno) e mui (più) che precedono un aggettivo. Il termine di confronto segue la direzione gu (come); es.: va ui lali nivago (essa è meno bella della [letteralm. “come”] sorella) opp. lu mui huni tovugo gà (essi sono più alti dei loro amici).

 

Minime/Massime

Si dividono a loro volta in assolute e relative.

La minima assoluta corrisponde al superlativo assoluto italiano, ma in forma negativa, es.: se dico un uomo intelligentissimo, per negativo intendo un uomo pochissimo (o molto poco) intelligente. In Lara si ottiene con il suffisso lo-[1] che va anteposto all’aggettivo cosicché l’es. di prima si traduce con: lo + eki (intelligente) pea (uomo) = loeki pea -ricordo nuovamente che l’aggettivo precede, in genere, il sostantivo, in Lara, tranne che per i termini si e ti -.

La massima assoluta corrisponde al superlativo assoluto italiano in forma positiva. Facendo lo stesso es. di prima stavolta diremo: un uomo intelligentissimo. In Lara si ottiene alla stessa maniera della forma negativa, ma anteponendo all’aggettivo il suffisso ba-[2], per cui la frase dell’ es. si traduce con: ba + eki pea = baeki pea.

La massima assoluta applicata sui vocaboli bai (molto) e loi (poco), quando essi vengano usati come aggettivi e non come avverbi, li trasforma rispettivamente in byai e  lyoi; es.: moltissimi (o pochissimi) anni si traduce con byai (o lyoi)  milu.

I suffissi lo- e ba- si usano anche per i verbi (vd oltre il capitolo dei Verbi).

 

La minima e la massima relativa corrispondono al nostro superlativo relativo, per cui presuppongono, come per le minori/maggiori, un confronto.

Vanno costruite anteponendo il termine um o us all’aggettivo, rispettivemente per dire il più o il meno. Il termine di confronto segue la direzione ro (in) in caso sia al singolare o altrimenti segue yo in caso sia al plurale; es: um huni pea ravaro (l’uomo più alto del mondo) opp. la um huni muyo (egli è il più alto di o tra di noi); invece, ad es., l’uomo meno alto del mondo si tradurrà con us huni pea ravaro. Spesso, come italiano, per dire il più grande o il più piccolo o basso, ecc. basterà tradurre con massimo (bawi) o minimo (bibi).

 

NUMERI

 

Il nome dei numeri da 0 a 9 sono i seguenti:

 

0 - min   5 - li

1 - pi      6 - zi

2 - ji       7 - dji

3 - di      8 - yi

4 - chi    9 - xi

 

Per ottenere il nome di un numero superiore a 9 (tranne per i numeri che contengano uno 0, vd oltre) basta affiancare i nomi dei singoli numeri che lo compongono tra di loro e aggiungere l’accento e il suffisso –n al termine del numero. Facciamo un po’ di esempi: ji (2) + chi (4) = jichìn (24); opp. di (3) + zi (6) + xi (9)= dizixìn (369). Quando un numero si ripete all’interno di una cifra, esso andrà scritto come doppia: es. jichichidìn = (2443).

Un discorso a parte è necessario per lo 0. Quando lo 0 si trova una volta (cioè è unico) all’interno di una cifra, esso va scritto o detto come unico: es. di (3) + yi (8) + mi- (0) + accento + n = diyimìn (380). Quando invece in una cifra compaiono due o più zeri e vogliamo ottenere il nome della cifra, allora va scritto o detto il numero di zeri (usando la radice del numero) + il suffisso -un; es.: pi (1) + j(i) che diventa jun (2 = inteso, in questo caso, come numero di zeri) = pijun (100 , cioè 1 + 2 zeri) opp. pi (1) + dun (3) = pidun (1000 , cioè 1 + 3 zeri) e così via. Il suffisso –un all’interno della cifra e non al termine di essa, diventa –u-. Es.: pidulìn è 10005 e zimijìn è 602.

Quando si incontra 1 numero solo seguito da –un vuol dire che si tratta di quel numero + 1 zero; es.: p(i) (1) + -un = pun (10, cioè 1 + 1 zero) opp. ch(i) (4) + -un = chun (40, cioè 4 + 1 zero) e così via.

Esempi di ricapitolazione: diliyìn (358), djun (70), zijun (600), lijupìn (5001), zimijìn (602) e chimixixidun (4.099.000)!

Per gli aggettivi numerali ordinali invece il suffisso da aggiungere a qualsiasi numero è –ni (notare il termine in –i come tutti gli aggettivi). Così, da 1 a 9:

                      

primo – pini    sesto - zini

secondo – jini settimo - djini

terzo – dini              ottavo - yini

quarto – chini nono - xini

quinto – lini

 

Per i numeri superiori a 9 basta aggiungere il suffisso –ni alla cifra completa.

Esempi: quindicesimo (15°) = pilin-ni (15ni); centotrentesimo (130°) = pidiminni (130ni); quarantesimo (40°)= chunni (40ni); millesimo (1000°) = pidunni (1000ni).

 

 

L’ORA

 

In Lara la parte di tempo si chiama asa e, per facilitare le cose e rapportarci alla suddivisione del tempo secondo i criteri moderni, assimiliamo il termine asa alla nostra ora moderna; di seguito propongo alcuni esempi di frasi che riguardano la determinazione dell’orario:

Che ore sono? In Lara diviene: Ki asa?

Per dire sono le X si dirà X asa (es.: sono le tre = di asa), che è diverso da X asu = sono X ore (es.: sono due ore che aspetto = ji asu a vipe).

Qualora si vogliano definire parti di un’ora gli es. sono i seguenti:

Sono le 4 e un quarto  = 4 asa mui pi chì (letteralm.: sono le 4 più 1 di 4 ora); sono le 5 e mezza = 5 asa mui ryi (lett.: sono le 5 più mezza ora).

Alle X = Ami X asa (lett.: Quando  le X ore). Es.: Alle 6 e ¾ (sei e tre quarti) = Ami 6 asa mui di chì. Ovviamente A che ora? Si dirà Ami ki asa?

Per inserire i minuti faccio un altro esempio:

Alle 10 e 25 (minuti) = Ami 10 asa mui jilìn; notare come il termine asa segua immediatamente l’ora e come non ci sia bisogno (vedi in italiano) di specificare il termine nadu (=minuti).

 

INTERIEZIONI

 

   L’interiezione più comune in lingua Lara è Ah! (ricordo che la h va aspirata) e in italiano il suo equivalente più diretto è Oh!. Questa interiezione però viene usata anche come aggettivo interrogativo o esclamativo, cioè, per intenderci, quello che in italiano corrisponde a che...! opp. quanto...! ecc., es.: ah lali! (che bello!) opp. ah mami! (quant’è grande!) opp. ah meki ba! (che strana cosa!), ecc.

 

 

 

VERBO

 

La forma assoluta presente, corrispondente al nostro infinito, termina sempre in –e.

Come ho già anticipato nel paragrafo Comparazioni anche per i verbi si possono usare i suffissi lo- e ba- ed equivalgono sempre, rispettivamente, a minime e massime assolute; es.: va ba + lube (ama) vyuvu =  va balube vyuvu (ella ama moltissimo i fiori) opp. yu lo + lute (conoscete) kea = yu lolute kea (voi conoscete pochissimo la storia).

Quando bai e loi vengono usati come aggettivi (vedi Comparazioni) allora useremo byai e lyoi; es. di prima: va lube byai vyuvu (ella ama moltissimi fiori).

 

Il verbo segue, oltre all’assoluto presente, le coniugazioni e i casi, che in Lara si chiamano direzioni di persona e di tempo.

La prima è molto semplice in quanto basta anteporre la persona al verbo in forma assoluta (presente o negli altri tempi); es.: a kae (io porto), oppure lu kae (essi portano).

 

 

DIREZIONI DI TEMPO

 

Vi sono in tutto tre tempi per ogni forma del verbo: attiva, passiva e riflessiva.

 

 

 

Verbo ATTIVO

 

I tempi sono gli stessi per tutt’e tre le forme del verbo. Nel caso della forma attiva si costruiscono nel seguente modo:

1) l’assoluto presente: radice + -e (l’abbiamo già visto sopra).

2) l’assoluto passato: radice + -e + -n.

3) l’assoluto futuro: radice + -e + -r.

Come abbiamo già visto nell’es. precedente, basterà anteporre la persona al verbo in forma assoluta (presente, passato o futuro) per ottenere la direzione di persona oltre che di tempo; es.: u panen (noi sognammo o sognavamo), oppure la aler (egli verrà), ecc.

 

Verbo PASSIVO

 

Per la forma passiva basta anteporre il suffisso e- al verbo attivo quando questo inizia per consonante, o en- quando inizia per vocale; i tempi sono costruiti poi allo stesso modo della forma attiva.

Come al solito anteponiamo la persona per ottenere anche la direzione di persona; es.: va elenen (essa veniva cercata o venne cercata); lu ekatome forano (essi sono rispettati dal popolo); smata ti enenter misai (quel pacco sarà destinato altrove)

 

Verbo RIFLESSIVO

 

In Lara è usato solamente in caso di ambiguità del significato! Normalmente infatti si usa la semplice forma attiva o passiva anche in caso di significato riflessivo.

Es.: Tu ti spogli davanti a tutti! = Ya stam’emafo! (letteralm: Tu spogli davanti a tutti!); oppure Essi si svegliarono dopo di me = Lu haken kai ma (letteralm: Essi svegliarono dopo me); oppure Egli si veste = La store (= Egli veste).

In caso di ambiguità in cui il riflessivo va necessariamente specificato, si costruisce postponendo al verbo la persona” = ga.

Es. di riflessivo: yu adyer ga! (vi perderete!) oppure la vike ga (egli si pettina).

 

Il Condizionale

 

Esiste solamente al presente e si costruisce aggiungendo il suffisso -ir alla radice del verbo, simile al -er del tempo futuro, in quanto il condizionale sostanzialmente esprime un’azione “futuribile”. Es.: ya pir (tu faresti) oppure la ekamir ai... (egli verrebbe avvertito se...). Al passato si ottiene coniugando il verbo nel tempo passato (un po’ come in inglese...): es. di prima: la ekamen ai... (egli sarebbe stato avvertito se...; letteralm.: egli veniva avvertito se...). Per fare un altro es. con una frase completa: un edoryen ai yu mi zai hegen (noi saremmo stati uccisi se voi non foste subito arrivati; letteralm.: noi venivamo uccisi se voi non arrivavate subito).

 

 

Il COMANDO

 

Equivalente all’imperativo. Basta apporre l’accento sull’ultima sillaba al presente della forma attiva. Es.: lwa! (ritorna!). Quando non è anteposta alcuna persona, il soggetto è tu o voi, altrimenti va anteposta la persona in tutti gli altri casi. Es.: lapè (che tu o voi udiate!), lu lapè (che essi òdano!). Quest’ultimo esempio in forma passiva diventa: lu elapè (che essi siano uditi!).

 

 

 

 

Il VERBO-PAROLA

 

Corrisponde al nostro participio e, similmente, ha un tempo presente ed un tempo passato. Il presente non esiste nel Lara MODERNO, ovvero non va fatta alcuna particolare costruzione. Per fare un es.: il partecipante si traduce con ka sime (colui che partecipa) e quindi i partecipanti = ku sime.

Il passato (corrispondente al nostro participio passato) si costruisce aggiungendo il suffisso –in alla radice del verbo (simile a -en del tempo passato) nei casi in cui il participio passato sostanzialmente esprima un aggettivo riferito al tempo passato. Es.: fui tuyin pea (un uomo ormai vinto); kripin hikka (pepe macinato). Probabilmente da questi esempi risulta già chiaro che il participio passato segue la costruzione degli aggettivi nella sintassi, come è chiaro nel seguente ulteriore es.: u nen zavin pea ti (abbiamo visto quell’uomo impaurito); nella costruzione più complessa, quando il participio passato ha il significato di verbo e non di aggettivo, la traduzione avviene come per il participio presente, utilizzando la congiunzione ka o ta/sa/la/va; sulla scorta dell’esempio di prima: u nen pea ti zaven malano (abbiamo visto quell’uomo impaurito dalla notte; letteralmente: …quell’uomo che era impaurito dalla notte) e non u nen pea ti zavin malano perché si leggerebbe = abbiamo visto quell’uomo dalla notte impaurita).

 

Il Verbo d’ACCOMPAGNAMENTO

 

E’ traducibile col termine gerundio, anche se implica un concetto più ampio. Limitatamente al suo significato corrispondente al nostro gerundio, il verbo d’accompagnamento si costruisce tramite la direzione so (con) legata all’assoluto presente attivo; es.: grumi la felen bleso (il vecchio [egli vecchio] camminava parlando; letteralm. parlando va tradotto con col parlare). Quando so si lega a un verbo che segue altre direzioni di tempo il suo significato diviene più complesso.

Il so + verbo, in tutti i tempi, può essere definita come una frase assoluta.

 

Verbo d’accompagnam. (gerundio ) passato

Si costruisce con la direz. so legata al verbo all’assoluto passato. Es.: a lenso (len + so) mega (letteralm.: io, con l’essere andato a casa) che possiamo tradurre in questi modi: io, andato a casa opp. essendo andato a casa opp. dato che ero andato/andavo a casa opp. dopo esser andato/che andavo a casa, ecc.

 

Verbo d’accompagnam. (Gerundio) FUTURO

La costruzione di so legato al verbo all’assoluto futuro. Immagino che le traduzioni di quest’ennesima frase assoluta siano intuibili, quindi avremo: a lerso mega = dato che andrò a casa opp. visto che andrò a casa opp. siccome andrò a casa opp. dopo che andrò a casa, ecc.

 

Ora possiamo capire che anche nel caso in cui si abbia so legato al verbo all’assoluto presente (cioè il gerundio presente) le traduzioni possibili, in realtà, non si fermano al semplice gerundio, ma anche in questo caso sono molteplici, per cui, usando ancora l’es. già visto, avremo: a leso mega = andando a casa (il vero gerundio) opp. dato che vado a casa opp. siccome vado a casa opp. visto che vado a casa, ecc.

 

 

 

 

Il verbo di RINNOVAMENTO

 

Questo tipo di verbi corrisponde, in italiano, a quelli che intendono una ripetizione dell’azione espressa dal verbo e che, in genere, sono preceduti dal suffisso ri- (ad es.: rifare, ripensare, ecc.). Anche in Lara sono semplicemente preceduti da un suffisso: lu-[3]. Se si vuole costruire un verbo di rinnovamento che non sia presente nel vocabolario, bisognerà fare attenzione che, aggiungendo il suffisso lu- ad inizio verbo, quest’ultimo non assuma altri significati; es. di verbi di rinnovamento: ne (vedere) diventa lune (rivedere) oppure klape (prendere) diventa luklape (riprendere).

 

 

 

DIREZIONE DI POSSIBILITA’

 

Questa direzione in realtà è una forma di aggettivo derivato dal verbo. In italiano la otteniamo col suffisso -bile (cioè che si può, es.: digeribile = che si può digerire) da unire alla radice del verbo. In Lara si ottiene aggiungendo il suffisso -si alla radice del verbo in forma assoluta attiva arcaica, ovvero: radice + -a- + -si; es.: nete (capire) diventa neta + si  = netasi (comprensibile).

In caso che il verbo sia monosillabo allora si aggiunge -asi al verbo all’assoluto presente attivo (che termina in -e); es.: kre (mangiare) diventa kre + asi = kreasi (mangiabile).

Il verbo al quale venga applicata questa direzione si trasforma in aggettivo e quindi è sottoposto alle regole degli aggettivi che ho già esposto nel corso.

Alcuni verbi in questa direzione hanno delle forme contratte, o sincopate, che si trovano direttamente sul vocabolario, perché derivano dal linguaggio parlato; es.: mitosi (incredibile) deriva da mi (no, non) + toa (forma assoluta arcaica di toe = credere) + si = mitoasi, dove è caduto il -a- centrale. Per questo motivo quando si vuole applicare la direzione di possibilità è bene consultare il vocabolario per vedere se il verbo in questione non possieda già una forma contratta.

 

Nota: I verbi che in italiano sono intransitivi possono essere usati in forma transitiva in Lara, a patto che il significato della frase sia ben chiaro e non equivocabile. Es.: a ler tala = io andrò al mare (quindi senza preposizione!)

 

Il verbo essere

 

Il verbo ausiliare me (essere) di regola viene omesso all’interno della frase. Si tratta di una caratteristica che si trova anche in altre lingue come ad es. il russo. Ad indicare il verbo essere rimane il soggetto (sostantivo o altro) o altrimenti la persona che troviamo sempre anteposta al verbo, secondo la direzione di persona  esposta sopra.

Es. di me (essere) omesso: choka tova peà (il cane è amico dell’uomo) opp. veu ti dili (quelle donne sono sincere) -notate come l’aggettivo resta al singolare con il sostantivo al plurale, opp. u milmi (noi siamo stanchi) ove rimane la persona che regge il verbo essere. Da ciò vi accorgete voi stessi come basti cambiare la posizione dell’aggettivo per ottenere due proposizioni di significato diverso, es.: mami frua (un grande prato) e frua mami (il prato è grande).

Il verbo essere non può mai essere omesso qualora non risulti chiaro il senso della frase e in tre tipi di Costruzione come segue, al presente, al passato e al futuro. Vediamole con quest’ordine.

 

 Presente. Il verbo me descrive un’azione di tipo continuativo quando precede un verbo che si trova all’assoluto presente; es.: a me le (sto andando) opp. la me pe (sta facendo) e se proviamo a modificare la direzione di tempo di me, es.: a men le (stavo andando) opp. vasa ti la mer pe (quel giorno egli starà facendo).

 

Passato. Quando invece precede un verbo che si trova all’assoluto passato il verbo me descrive un’azione conclusa; es.: ya men len (eri andato) opp. u men pen (avevamo fatto) -notate come si usi sempre me anche quando in italiano invece si usa il verbo avere- opp. lu men enyen (essi erano stati trovati). Anche in questo caso me può seguire altre direzioni di tempo a seconda che la frase si svolga nel presente, passato o futuro.

 

Futuro. Infine il verbo me descrive un’azione potenziale nel futuro quando precede un verbo che si trova all’assoluto futuro; es.: yu me ler (state per andare) opp. a me per (sto per fare). Anche qui proviamo a cambiare la direzione di tempo di me, es.: yu men ler (stavate per andare) e così via.

In pratica in tutti e tre gli esempi le forme assolute dei verbi hanno funzione di participio (presente, passato e futuro). Ritengo che tale precisazione renda più comprensibile l’origine ed il significato di queste Costruzioni poiché se proviamo a tradurre gli assoluti con dei participi avremo, ad es.: sono andante opp. sono andato opp. sono andaturo (partic. futuro - vd in latino).

 

Verbo d’accompagnamento con “essere

 

Qualora si voglia costruire il verbo d’accompagnamento (gerundio) col verbo essere (me), poiché il verbo essere in Lara viene omesso, basterà usare la direzione so in modo isolato, non legata ad alcun verbo. Es.: ya so goni matreda (essendo tu un bravo studente, poiché tu sei…, siccome tu sei…); u so mui dri, yu mi ma’tuye! (siccome noi siamo più forti, voi non potete vincere!). Al passato o al futuro invece il verbo essere (me) va trascritto, ma solamente se strettamente necessario per il corretto significato della frase. Es: un ake šule lu merso domma (dobbiamo obbedire giacchè essi saranno i padroni); invece, altro es.: imala si yu so kemba mà… (poiché stasera sarete miei ospiti…), in questo caso è chiaro che il verbo essere omesso è al futuro, perché si evince dall’intera frase.

 

“Intorno” e “Verbo-parola” con “essere

 

Esempi di costruzioni complesse con verbo essere e aggettivi o participi passati che accompagnano i sostantivi: pea ti čokago egolken entano (quell’uomo è come un cane bastonato dalla sorte; letteralm.: quell’uomo è come un cane che è stato [venne] bastonato dalla sorte). Da “Il Piccolo Principe”: a mui jei sufdago epuren malamado gowako kai šoya = [Io] ero più isolato di un marinaio [che è stato] abbandonato in mezzo all’oceano, su una zattera, dopo un naufragio.

 

Uso di “PE” (fare)

 

In Lara esiste una costruzione particolare che si usa quando il verbo in una frase è accompagnato dal verbo pe (fare). In italiano, per intenderci, sono le frasi di questo tipo: far vedere opp. far credere ecc., cioè, per riassumere: fare + altro verbo. In Lara, in questi casi, il pe va aggiunto, come se fosse un suffisso, al verbo che accompagna; es.: trele (lavorare) + pe = trelepe (far lavorare). In caso di verbo monosillabo si aggiunge -pye invece di -pe; es.: ble (parlare) + pye = blepye (far parlare).

Il verbo al quale è stata applicata questa costruzione segue infine tutte le regole e le direzioni di un verbo normale. Es.: blaka si yelepe ma (questa storia mi fa ridere).

 

 

PROPOSIZIONE OGGETTIVA

 

Corrisponde al cosiddetto Discorso Indiretto latino. Esprime in modo indiretto, appunto, un discorso pronunciato da qualcuno. In italiano in genere questo tipo di frase vuole il che introduttivo. In Lara, invece, la frase dipendente segue semplicemente la frase principale o indipendente. E’ fondamentale però che il soggetto della proposizione subordinata (dipendente) non venga mai omesso!

Es.: a ge ya le (voglio che tu vada) opp. lu ken va lali (dicevano che lei era bella); letteralm. questi es. si tradurrebbero con: voglio tu andare e dicevano essa bella.

 

PROPOSIZIONE NEGATIVA

 

In Lara il vocabolo mi esprime il no e non italiano. Può essere utilizzato anche per costruire parole che corrispondono al negativo di altre e che in italiano in genere cominciano per in- o per dis- (inusuale, discontinuo, ecc., ovvero negativi di usuale e continuo), es., in Lara: mitosi (incredibile) opp. milumi (ignorante; da mi + lumi = no + sapiente) opp. milai (asciutto; da mi + lai = no + bagnato) opp. miklumi (anemico; da mi + kluma = no + sangue).

In Lara non esiste la doppia negazione, tipica dell’italiano e che invece manca in altre lingue come l’inglese, il tedesco, ecc. Per tale motivo qualora si abbia una frase che in italiano esige la doppia negazione in Lara invece andrà omesso il mi; es.: a de mia (io non ho niente; il non italiano è omesso in Lara = io ho niente) opp. L’aler vi (non verrà mai) opp. lu len mi upa (non andavano in nessun posto = letteralm. andavano [in] no posto).

 

 

 

PREPOSIZIONE TRA DUE VERBI

 

Tra due verbi non va inserita alcuna preposizione o non va applicata alcuna direzione; es: la toe lume (crede di sapere), lu ke le (dicono di andare), a le pe (vado a fare), alè ble daso (vieni a parlare con lui), ecc.

 

FORMA IMPERSONALE

 

Resta da descrivere l’ultima regola della lingua Lara: la forma impersonale dei verbi. In italiano le frasi in forma impersonale sono poste alla 3a persona singolare e sono precedute o meno dalla particella si, es.: si deve, si pensa, si mangia!, opp. piove, nevica, accade che.., ecc. In Lara la forma impersonale si costruisce con l’assoluto passivo e quindi le frasi degli es. si traducono, rispettivamente, con: enake, etie, ekrè! e edree, efofe, emeye….

 

 

 

 

PER RIASSUMERE…

…TERMINI E SUFFISSI !

 

A

-a = sostantivo singolare;= direzione d’appartenenza (genitivo) singolare; -an = nome proprio di città/luogo

 

E

-e = verbo assoluto presente (infinito); -er = verbo al futuro; -en = verbo al passato;= verbo imperativo

 

I

-i = aggettivo o avverbio o numero/cifra; -ìn = numero/cifra; -in = verbo al participio passato (verbo-parola) come aggettivo; -ir = verbo al condizionale attivo

 

O

-o = preposizione; -on = nome proprio al femminile

 

U

-u = sostantivo plurale; = direzione d’appartenenza (genitivo) plurale; -us = nome proprio al maschile; -un = numero/cifra

 

Modi di dire e Costruzioni particolari

 

   Come in tutte le lingue, anche in Lara esistono costruzioni e tipi di frasi stereotipate fino a veri e propri modi di dire. Non è fondamentale conoscerli poiché il più delle volte basta tradurre in maniera letterale in lingua Lara il modo di dire tipico della propria lingua, ma usarli in maniera corretta vuol dire essere un vero “larese”!

   I principali esempi sono riportati di seguito:

 

  

   - a piedi = takuzo (lett: con, per mezzo dei piedi)

 

   - allo stesso modo = semi (lett.: uguale, -mente)

 

   - (anni, mesi,...) fa = melen (passato) (milo, valo,...) (anni, mesi,...); ad es.: c’era una volta  = melin pa (lett:: tempo passato)

 

   - bel tempo = goi kuma

 

   - così…che…; tanto…che…; talmente…che… = …eši…. Es.: egli è così grande che non entra dalla porta = la mami eši mi ate gema.

 

  - da una parte…dall’altra opp. In parte…in parte = sta…sta (lett.: parte…parte)

 

  - darsi da fare = ve pe (lett.: dare fare)

 

  - di nascosto = omi

 

  - di sera.., la sera.. o la mattina.., al mattino.., ecc.=imala.., ivasa.. ovvero si trad. senza preposizioni

 

-       di volta in volta = la i la (lett.: volta e volta)

 

-       tra una cosa e l’altra = ba yo ba; e così in altri casi, es.: tra il cane e il gatto = choka yo mina.

 

  - Espressioni come di corsa o alla ricerca, ecc. = si trad. con so + …; in questo caso: peleso (lett.: correndo) e leneso (lett.: cercando)

 

- (fatto) di… = …-pin; es: piatto di carta = fara-pin taya, altrimenti e più frequentemente può tradursi col semplice aggettivo: fari taya, se però il significato non è alterato; altro es.: un muro di mattoni = sdugi tonka

 

  - insieme a… sui… e sostanzialmente tutti i verbi intransitivi come arrivare (a/da), entrare (a/in), ecc. = si trad. semplicemente e rispettivamente con so e hege o ate ecc., seguiti dal termine in direzione d’oggetto (vedi la “Nota” al termine del capitolo sui verbi)

 

  - nel nome di... = agapo o... (lett.: sotto il nome di...)

 

  - poco a poco = wi wi

 

  - prendere una decisione = pe bata (lett: fare una decisione)

 

  - riempire di... = tue so... (lett.: riempire con...); allo stesso modo: fatto di...; vestire di...; ecc. = ta epen so... (lett.: fatto con...); store so... (lett.: vestire con...)

 

  - sempre più = mui mui

 

  - simile a.. = vami go..

 

  - tempo brutto = skuma

 

  - tirare a sorte = ène enta (èn’enta) (lett.: provare la sorte, il destino)

 

  - un piatto di... = taya so... (lett.: un piatto con)


 



[1] Deriva da loi = poco.

[2] Deriva da bai = molto.

[3] Il suffisso lu- deriva dall’intorno lui che significa nuovo, nuovamente.